Le navi perdute di Contarina
- Daniele Bergantin
- 26 mag
- Tempo di lettura: 10 min
Durante lo scavo del Collettore Padano Polesano nel centro urbano di Contarina vennero alla luce le carcasse di due navi, distanti una dall’altra 290 metri e ritenute molto antiche.

La scoperta delle navi
Nel 1885 il Genio Civile di Rovigo, diretto dall’ing. Carlo Veronese presentò un progetto per la sistemazione delle acque di scolo dei territori “padani” e “polesani” che prevedeva lo scavo di un unico grande canale in destra del Canalbianco. Tale venne denominato Collettore Padano-Polesano che aveva origine a Fossa Polesella e terminava a Contarina (ora Porto Viro) con l'immissione delle acque nel Po di Levante in località Specchioni a circa 2 km dal mare. La realizzazione del manufatto venne suddivisa in 3 tronchi ed ebbe inizio con il terzo, dall’argine del Gigante a Volta Grimana fino allo sbocco in Po di Levante. I lavori di questo tronco si svilupparono dal 1895 al 31 agosto 1900. Durante lo scavo nell’allora comune di Contarina nel gennaio 1898 vennero alla luce le carcasse di due navi, distanti una dall’altra 290 metri e ritenute molto antiche.
Il locale tenente di vascello Luigi Arcangeli per primo informò il Dipartimento Marittimo, il quale allertò la Regia Deputazione Veneta di Storia Patria. La quale nominò una Commissione presieduta dal prof. cav. Giuseppe Occioni Bonaffons segretario della stessa, che si recò a Contarina per seguire i lavori di scavo e recupero dei relitti con il loro contenuto.
I personaggi polesani che hanno contribuito al recupero e conservazione dei reperti sono stati il fratello di Luigi Arcangeli l’avvocato Gaetano Paolo, il comm. Casalini presidente della Deputazione Provinciale di Rovigo ed i conti Papadopoli che ospitarono i membri della Commissione a Retinella di Loreo.
La descrizione delle navi
Riportiamo una parte dei dati presenti nella dettagliata relazione Occioni-Bonaffons. La prima barca si trovava a 130 metri ad ovest dal ponte Scalon (ponte ad arco poi demolito) ed era rivolta con la prora verso est; era inclinata sul fianco sinistro con il fondo a 4,10 metri “sotto la media comune della marea”. Le dimensioni misurate erano le seguenti: lunghezza massima 19,62 m; larghezza fuori fasciame esterno 5,20; larghezza fuori delle corbe 5,12 m; altezza massima dello scalmo della corba 3,40 m. Le corbe sono elementi strutturali trasversali della barca che costituiscono il riferimento principale per la linea dello scafo.
La barca era dotata di due alberi alti e robusti per la navigazione a vela, ma era possibile anche la voga con rematori posti in coperta, inoltre è certa la navigazione in mare in quanto l’agugliotto (cerniera metallica per la rotazione) del timone era incrostato di sabbia micacea marina e di numerose conchiglie tra cui cardium e venus. I resti di legno della carcassa navale sono stati riconosciuti di rovere e larice.
La seconda barca si trovava a 162 metri a valle del ponte Scalon, ad una profondità di 4,30 metri sotto il livello del mare. Le reali dimensioni dell’imbarcazione non sono note in quanto i resti rinvenuti comprendono solo una parte della murata di sinistra (fianco della nave emerso dello scafo), con alcuni pezzi di corbe e di bagli (travi lievemente ricurve che uniscono le opposte murate di una nave) ed alcune tavole di fasciame del ponte scoperto. La lunghezza della parte di barca scoperta era di 11.40 metri e l’altezza, in media di 2,50 metri. I legni riconosciuti sono: quercia, larice e abete.
Il trasporto delle navi a Venezia
Nel febbraio 1898 le carcasse delle imbarcazioni vengono scomposte in varie parti opportunamente numerate, quindi trasportate e depositate in un magazzino presso casa Arcangeli a Donada (ora Porto Viro). Da qui avviene il trasferimento via terra fino alla vicina località Fornaci sul Po di Levante, dove restano in attesa di un rimorchiatore a vapore e di una grande barca peota adatta al contenimento dei resti.
Della spedizione si occupò il Regio Ministero per la Marina: il 13 e il 14 giugno 1898 si registra la spesa per il vito e alloggio a Chioggia dell’equipaggio chiamato per il trasporto dei relitti a Venezia. La spedizione però non riesce a ripartire a causa di una piena improvvisa dell’Adige che comporta la chiusura dei due sostegni di Cavanella e Tornova. Le condizioni climatiche avverse terminarono il 14 luglio e il 15 luglio, quando si registrano le spese per l’equipaggio che stavolta provvede alla spedizione definitiva. Secondo quanto scritto nella relazione Occioni-Bonnafons i relitti navali arrivano a Venezia il 17 luglio 1898 e vengono depositati nel regio Arsenale “in luogo appartato”.
La ricerca odierna effettuata a Venezia sia presso l’Arsenale sia al Museo Navale ha dato esito negativo, addirittura hanno dichiarato di non averne neppure il ricordo. Il prof. Beltrame mette in dubbio l’arrivo a Venezia dei pezzi scomposti e numerati delle due navi.
I modelli delle navi
Le carcasse delle imbarcazioni vennero fotografate dall’architetto Riva: 9 foto alla prima barca e 5 alla seconda.
Le due navi vennero disegnate con grande precisione, riproducendo sia la sezione longitudinale sia quella orizzontale ed anche alcuni dettagli ritenuti importanti e significativi. Venne inoltre deciso di procedere alla costruzione di due copie di modelli in legno in scala 1/10. Una copia resterà al Museo del Regio Arsenale di Venezia del quale divenne proprietà, mentre la seconda verrà inviata a Rovigo ed esposta insieme ad un saggio degli oggetti ritrovati
Attualmente i due modelli, che però sono in scala 1/20, sono presenti in una sala del primo piano del Museo Navale di Venezia, contenuti in una teca di vetro con l’indicazione “Modelli di antichi scafi rinvenuti vicino a Rovigo”. Informazioni più precise sul luogo del ritrovamento si trovano sulla base di legno chiaro, dove è rappresentata la posizione dei due scafi rispetto allo scavo del Collettore. Le iscrizioni risultano poco leggibili: “Canale Collettore polesano – Comune di Contarina”.
Per quanto riguarda i modelli destinati a Rovigo, nella relazione Occioni datata aprile 1900, troviamo scritto nel resoconto finanziario: “30 giugno 1899 invio modelli a Rovigo e loro collocazione all’Accademia dei Concordi – lire 35” . Nella stessa pubblicazione: “…tale seconda copia di modelli….fa oggi bella mostra di sé in una sala dell’Accademia dei Concordi di Rovigo”.
Troviamo conferma dell’arrivo nel capoluogo polesano, presso l’Archivio di Stato di Rovigo dove vi è un fascicolo datato Venezia 26 giugno 1899 che contiene una lettera di Domenico Dr. Macchia.
Presidente Prof. Giuseppe Occioni Bonnafons giovedì prossimo 29 corrente manderà a Rovigo un operaio dell’arsenale, Francesco Piccoli, il quale avrà seco, in apposite casse, i due modelli, da lui eseguiti, delle navi scoperte. Egli le porterà presso il Sig. Com. Giobatta Casalini prima per un riguardo al Presidente della Deputazione e Presidente del Comitato per la Bonifica, due enti che furono verso noi così utili e così generosi e ciò per merito particolare del nostro bravo tecnico, in secondo luogo per depositarli in un sito sicuro lungi da curiosi indiscreti, fino a che possano, questi modelli, essere depositati nel museo dell’Accademia, se lei Sig. Presidente e il Com. Casalini troveranno opportuna la cosa come più volte io espressi a Lei e a’ nostri colleghi della Commissione Provinciale. Unitamente ai modelli il Piccoli consegnerà un’altra cassa, con vari oggetti alle navi appartenenti, che avranno credo la stessa destinazione.
Sentiti i responsabili dell’Accademia dei Concordi, poco dopo un recente riordino di tutto il materiale depositato presso i locali dell’istituto, abbiamo la conferma che non è presente nessun modello delle navi e neppure del materiale rinvenuto a bordo. Anche l’attuale famiglia Casalini, afferma di non avere alcuna conoscenza dei modelli e nessuna indicazione al riguardo.
Gli oggetti rinvenuti a bordo delle navi
Dalla prima nave sono stati raccolti 33 oggetti che facevano parte sia della barca stessa sia trovati esternamente, senza tuttavia precisare dove. L’elenco è così distinto: A Pezzi che formavano parte integrante della barca stessa; B Sassi; C Terre cotte; D Legno, Piombo e Cordami; E Avanzi animali (ossa di bue). Alla voce Terre cotte segue il seguente elenco: Manico di un’anfora (romana); Cilindro lavorato in terra cotta (romano); Due cocci di terra cotta verniciati; Coccio di terra formato a coperchio.; Sei cocci varii di terra cotta; Mattoni di terra cotta per costruzioni; Oggetti varii di natura indeterminata. L’attribuzione - peraltro fra partentesi - di romana al manico dell’anfora e romano al cilindro di terra cotta è stata estrapolata per attribuire le navi all’epoca romana, da cui il nome dato alla vicina strada: via Navi Romane. Come specificato nella relazione, le terre cotte non sono state rinvenute nel relitto ma probabilmente nei dintorni oppure inserite in un tempo successivo.
La raccolta dei 61 oggetti della seconda barca fu meticolosa; i vari pezzi vennero elencati e collocati in 3 cassette per la spedizione a Venezia. Tra questi vi erano scodelle, pezzi di vetro, una forchetta, una forbice, ferramenta, chiodi, piombi da rete. Particolarmente interessante venne ritenuto un vaso a vernice di ossido di piombo o stagno.
Gli oggetti rinvenuti nelle due barche vennero suddivisi tra Rovigo e Venezia. Come riportato sopra sappiamo che alcuni oggetti arrivarono a Rovigo, ma non conosciamo la originaria collocazione. Quelli che non furono inviati a Rovigo vennero consegnati al Museo Civico di Venezia: “...dove trovansi disposti con grande cura all’ispezione dei curiosi e degli studiosi, in una delle sale terrene”. Nel 2009 il prof. C. Beltrame ha avuto modo di constatare che al Museo Civico Correr questi oggetti non sono presenti.
La datazione delle navi
I vari autori che si sono occupati della datazione delle due navi sono concordi nell’attribuire valore e importanza diversa tra le due imbarcazioni. Si riconosce alla prima nave un maggior valore storico ed anche una età più antica rispetto alla seconda. La Commissione Occioni- Bonaffons nel 1898 propone per la prima nave una data posteriore all’anno 1000, mentre per la seconda imbarcazione la datazione viene posticipata al 15° sec. L’età della prima nave venne ritenuta molto antica sulla base della scarsa qualità della tipologia di costruzione, riconosciuta in una esagerata robustezza delle singole parti in rovere ed alla imperfezione dei collegamenti, per cui si conclude affermando che la realizzazione è stata eseguita con scarse cognizioni dell’arte navale.
Nella Voce del Polesine del 16 giugno 1898, l’ing. Tommaso Montanari scrive che l’età della prima barca non è anteriore al 1300 mentre la seconda è posteriore al 1630.
Nel 1978 l'archeologo marino Marco Bonino, esperto di navi romane prende in esame la documentazione e propone la datazione della seconda barca al 16° sec.
Carlo Beltrame, archeologo marittimo dell’Università Cà Foscari di Venezia riprende lo studio delle due navi antiche nel 2009. Sulla base dei disegni, dei modelli e delle foto descrive la prima nave come “a forma tonda” e con fondo quasi piatto. Riconosce uno schema simile nei relitti di altri vascelli dell’area adriatica risalenti al XV secolo, in particolare cita il relitto di una barca rinvenuta nel 1959 nel Canale di Logonovo (Lido di Spina) datata alla fine del XIV sec. In considerazione della mancanza di reperti utili alla datazione, finisce per associare allo stesso periodo i due relitti e ad ipotizzare che le due navi siano state abbandonate circa nello stesso periodo. Riporta che Sauro Gelichi ordinario di archeologia medievale a Cà Foscari, ha identificato un esemplare di ceramica graffita arcaica e ceramiche smaltate monocrome, una forchetta e un paio di forbici che consentono di datare la 2° nave tra la seconda metà del 15° sec. e l’inizio del 16°.
La posizione dei relitti nei secoli
Negli anni 80’ al fine di garantire la sicurezza idraulica dell’intero territorio comunale, il tratto urbano del Collettore Padano Polesano venne chiuso mediante riempimento, lasciando una canaletta in c.a. lungo il lato sud.
Il ponte Scalon citato nella relazione Occioni-Bonaffons si trovava lungo l’allora strada comunale detta Scalon, oggi corso Risorgimento. Sulla base della indicazione cartografica contenuta nella relazione è possibile ubicare le due barche nella cartografia di fine 800 inizio 900 e di conseguenza localizzare i due luoghi del ritrovamento: la prima barca si trovava nell’attuale area tra via Mazzini - viale VII Mari e via Navi Romane, dove ora c’è una struttura metallica. Il sito della seconda imbarcazione era circa 162 metri da corso Risorgimento lungo la via Collettore sinistro.
Riportando le posizioni nelle carte IGM del 1900 e di fine1800 siamo in grado di trasferire i due siti anche nella Carta Militare Austriaca del 1814, dove la posizione della seconda barca risulta prossima al toponimo “Scalone” (grande scalo?). La Carta del Polesine di Rovigo di Marchetti-Milanovich del 1786 posiziona i due siti subito ad est delle dune fossili. Nella carta di Ottavio Fabbri del 1599 i punti individuati sono molto prossimi al Gottolo Contarini e più ad est è presente ed attivo il ramo di Scirocco del Po delle Fornaci.
Per ipotizzare il percorso dal mare Adriatico a Porto Viro dobbiamo analizzare la cartografia del 1500, dove in alcune carte vengono rappresentate varie navi a vela nella sacca di Goro. Una di queste, la carta SEA Po rot. 162 della prima metà del sec. XVI consente di ubicare i due siti di ritrovamento dei relitti in prossimità di una laguna, che risulta collegata alla sacca di Goro tramite il ramo del Po denominato Bocha de Lostro.
Il probabile percorso delle due navi per giungere ai siti di ritrovamento dal mare Adriatico passa dapprima dalla sacca di Goro (non corrisponde a quella attuale) e successivo inoltro dalla foce più meridionale del Po delle Fornaci denominata dell’Ostro (anche Scirocco), dal nome del vento.
Proposta di valorizzazione
Il reperto più antico che è il simbolo e rappresenta Porto Viro è la statuetta di bronzo denominata Eracle di Contarina”, rinvenuta in uno scavo a 5 m di profondità nel 1887 che venne attribuita al 500 a.C.
Le due imbarcazioni del XV - XVI secolo possono diventare la seconda identità di questo territorio ed al riguardo si propone la realizzazione di una copia dei modelli delle due navi presenti al Museo Navale di Venezia. Lo spazio adatto per la collocazione non è ancora individuato, ma sembra limitato a due siti: lo spazio presente all'ingresso della Sala Eracle e il Municipio.
Si rende necessario un aggiornamento riguardo al cartello stradale che indica “via Navi Romane” in via “Navi antiche”, con sostituzione dello stesso.

Foto VI: la prima nave.

Foto IX: la seconda nave.

Il modello della prima barca al Museo Navale di Venezia.

ll modello della seconda barca al Museo Navale di Venezia.
Bibliografia
Beltrame Carlo, “A New View of the interpretation of the Presumed Medieval Po Delta Wrecks, Italy”, Authors. Journal Compilation, The Nautical Archaeology Society, 2009.
BONINO MARCO, “Archeologia e tradizione navale tra la Romagna e il Po”, Ravenna, 1978.
Occioni-Bonaffons Giuseppe e altri, “Sulla scoperta di due barche antiche nel comune di Contarina (Rovigo), Deputazione di Storia Patria per le Venezie, Serie II (Miscellanea di storia veneta), 1900.
PADOAN GIUSEPPINO, “La costruzione delle opere di bonifica nella Padana Polesana nel 1800” da La Bonifica tra Canalbianco e Po, Minelliana, 2002.
VIVIANI CLAUDIO, Contarina e la sua storia”.
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