In località Cà Diedo a Rosolina sono presenti due gorghi che rappresentano una importante testimonianza del passato legato alle alluvioni del 1800 ed a quella del 1951. L’interesse naturalistico di questa area non è limitato ai gorghi ma si estende anche ai resti visibili di due dune fossili nella vicina località il Monte.
Non molti sono a conoscenza che nel territorio del comune di Rosolina esistono dei laghetti di acqua dolce. Si tratta di gorghi presenti in località Ca’ Diedo, particolari forme acquatiche che costituiscono un vero monumento naturale: un possibile geosito che merita di essere segnalato e che ci consente di leggere la memoria del paesaggio, testimonianza del tragico passato legato alle alluvioni.
Si presentano come piccoli laghi di acqua dolce di risorgiva, in quanto l’alimentazione avviene tramite infiltrazione dall’alveo dell’Adige, attraverso i sedimenti sabbiosi permeabili presenti nel sottosuolo. Un gorgo è una cavità di erosione indicata con il termine specialistico “evorsione”, causata dalle acque di una alluvione che incontra un ostacolo su un’area con sottosuolo sabbioso.
Poco noti al pubblico, questi specchi d’acqua non hanno trovato attenzione nemmeno nella pubblicazione “I gorghi del Polesine” della Provincia di Rovigo, dove non risultano né individuati né pertanto descritti.
Eppure qualche cultore del territorio li ha segnalati. Primo fra tutti Arturo Avanzi che quasi 50 anni fa, nel 1973, nel suo libro “Vecchio mondo polesano”, li descrisse. Riportiamo integralmente: “In località Ca’ Diedo vi sono dei laghetti con fondali di sette metri che coprono una lunghezza di un chilometro. Sono sorti in epoche recenti: il primo laghetto (quello a ponente, verso la Romea) è derivato dalla rotta dell’Adige del 1882, gli altri due si sono formati in seguito all’alluvione del Po del 1951”.
Una valorizzazione dei gorghi di Ca’ Diedo sarebbe quanto mai opportuna in un’ottica di fruizione turistica, partendo da un progetto di sistemazione e rinaturalizzazione della parte orientale del primo gorgo. In un secondo tempo servirà una apposita segnalazione con i cartelli turistici di colore marrone per indicare l’area attrezzata per una sosta ed un pannello illustrativo con immagini e testo sulla nascita e sviluppo dei gorghi.
L’interesse naturalistico di questa area non è limitato ai gorghi ma si estende anche alla presenza di resti visibili di due dune fossili nella vicina località il Monte, datate da vari autori all’età romana.
Il contenuto del presente articolo è a disposizione affinchè i gorghi di Ca’ Diedo vengano inseriti nella documentazione dei gorghi della provincia di Rovigo.
L’aspetto odierno
Per arrivare ai gorghi di Ca’ Diedo si deve percorrere la strada S.S. 309 Romea da Rosolina in direzione Chioggia. Subito prima del ponte sul fiume Adige si devia a destra percorrendo circa 200 metri della strada arginale e si scende verso campagna. Sono qui presenti due piccoli specchi d’acqua localmente noti come “i laghetti”, idronimo che nel recente passato identificava anche un ristorante-pizzeria.
Il toponimo originale del luogo era Ca’ Diedo, ma ormai è difficilmente rintracciabile in quanto ha assunto maggiore valenza la vicina località Ca’ Morosini, che in tempi recenti ha registrato un discreto sviluppo edilizio.
Una segnalazione locale piuttosto curiosa presente nelle vicinanze è il toponimo “Deserto”, presente nelle carte del 1800 e anche nel 1900. Ora tale località non è più riportata, rimane la sola indicazione di “via Deserto”, lungo la strada per Rosolina Mare.
Attualmente possiamo osservare due gorghi attraversati e divisi da via Ca’ Diedo.
Quello ad ovest mostra un perimetro irregolare dovuto a due distinte origini e presenta un restringimento evidente a settentrione, in posizione centrale che di fatto quasi suddivide il gorgo. La parte occidentale di questo gorgo si presenta ben conservata e mostra un habitat tipico dei gorghi, con vegetazione acquatica di tipo idrofilo. Sulle rive è presente una vegetazione terricola erbacea, una vegetazione arborea con salici bianchi e pioppi neri ed anche una vegetazione arbustiva. La fauna è rappresentata da uccelli acquatici e anfibi. La parte orientale di questo primo gorgo ricade con il bordo meridionale in proprietà privata e la vegetazione è limitata a qualche raro canneto.
Il gorgo ad est della strada rimane inglobato all’interno della proprietà di una attività di ristorazione e risulta visibile solamente in parte.
Evoluzione nel tempo
Per analizzare lo sviluppo dei gorghi si è resa necessaria una ricerca cartografica, consultando sia le carte topografiche sia quelle catastali. Si è ricorsi anche alla visione delle foto aeree disponibili e consultabili, sia sul geoportale della Regione del Veneto sia sul sito dell’IGM e infine Google Earth.
L’analisi cartografica ha documentato la presenza di un primo gorgo nelle carte del Catasto Austriaco del 1841, dove lo specchio d’acqua è suddiviso in due mappali che classificano l’area come “stagno”. Abbiamo la conferma dell’esistenza di questo gorgo anche in un documento nel 1872, rintracciato da Gian Maria Zanini, presso il registro parrocchiale n. 10 dei morti di Rosolina, dove risulta scritto che in data 22 giugno è annegato Sante Bertaja.
La prima carta topografica che mostra il gorgo è la tavoletta IGM “Cavanella d’Adige” con la data del 1892, da cui possiamo misurare le dimensioni: lungo l’asse nord-sud raggiungeva i 150 metri, mentre da est ad ovest la larghezza variava da 50 a 100 metri circa. Il gorgo mostrava una forma irregolare debolmente allungata da nord a sud, con alcuni lati rettilinei e un arco in posizione occidentale.
Come abbiamo potuto appurare il gorgo non deriva all’alluvione dell’Adige del 1882, pur tuttavia le acque dell’Adige, il 1 ottobre 1882 avevano interessato in maniera diretta l’area di Ca’ Diedo. Ciò infatti è riportato nella "Carta delle allagazioni conseguenti alle piene dell'Adige del 1882", prodotta dall'ing. Miliani nel 1937, dove sono indicati due tagli arginali proprio in località Cà Diedo, che avranno sicuramente allagato tutta la zona, ma poi, dopo l’allontanamento delle acque sarà riapparso il laghetto preesistente.
La foto del volo dell’IGM del 1949 conferma una conformazione pressoché simile a quella cartografata nell’Ottocento.
Il gorgo dell’alluvione del 1951
Con l’alluvione del Po nel novembre 1951 avviene un ampliamento del gorgo ottocentesco, che lascia inalterato il contorno lungo il lato ovest, ma aumenta di circa 4 volte la superficie nella parte verso est.
Recentemente ho avuto modo di intervistare il sig. Ferro Renzo di Ca’ Diedo, che all’epoca era tredicenne; insieme al fratello Ferro Florido allora venticinquenne, sono stati testimoni visivi. Egli racconta che a Cà Diedo le acque sono arrivate il 20 novembre da sud-ovest, dalla frazione Volto. L’acqua è arrivata dapprima dallo scolo che sottopassava la ferrovia, si è incanalata, ha ingrossato il canale, lo ha subito sormontato ed è corsa secondo la linea di massima pendenza. Successivamente è giunta la massa d’acqua alluvionale che ha facilmente superato il tracciato ferroviario in quanto buona parte della ferrovia nella zona Volto di Rosolina è posizionato alla quota del piano campagna. Nessun altro ostacolo di origine antropica (la strada SS 309 Romea non era ancora stata costruita) si è opposto al progressivo innalzamento della massa d’acqua che è corsa lungo il piano della massima pendenza.
L’alluvione ha incontrato un territorio caratterizzato dalla presenza dei rilievi sabbiosi delle dune fossili che ha incanalato il flusso in direzione NNE (nel 1951 non era ancora iniziata la demolizione antropica delle dune fossili che continuerà fino agli anni 1970 -1980). Dopo poche centinaia di metri, la lama d’acqua ha incontrato il rilevato arginale destro dell’Adige, che non ha superato, ma è stata respinta indietro trovando il percorso ostacolato dalle dune. Ha quindi avuto origine un vortice ad asse verticale che ha innescato lo scavo in profondità della sabbia che costituisce il sottosuolo di quest’area. La massa d’acqua defluì poi verso valle Morosina, raggiungendo successivamente il mare.
Le variazioni dal 1951 ad oggi
L’alluvione del 1951 determinò un unico grande gorgo che mostrava una forma molto allungata, pari circa a 700 metri ed una ampiezza pressoché costante intorno ai 40 - 50 metri nella parte centro-est. Qualche anno dopo, la foto aerea del 1954 e la carta del 1955 mostrano due distinti corpi acquatici, separati da una strada. L’intervento di divisione del gorgo è dovuto al ripristino della viabilità locale preesistente che collegava Ca’ Morosini con Ca’ Diedo e la strada arginale sull’Adige. Troviamo conferma di questo collegamento stradale sia nella mappa catastale del 1841 sia nella carta topografica del 1892, dove si legge “strada pubblica” consorziale”. L’attuale tratto di via Cà Diedo non occupa tuttavia l’attraversamento originario, ma risulta spostata ad ovest rispetto al precedente tratto di strada di circa un centinaio di metri.
Negli anni ’60 i laghetti sono tre, in quanto il gorgo ad ovest di via Ca’ Diedo è separato da una lingua di terra in due distinte aree acquatiche. Il laghetto ad est ha mantenuto la sua forma longilinea e risulta il maggiore come estensione.
Nel decennio successivo si documentano ancora tre gorghi, ma per il gorgo longilineo comincia la fase di interramento, che inizierà da est ed avverrà in due fasi, con la prima si colma di terra la porzione più orientale e con seconda si prosegue fino a far rimanere solamente un terzo dell’originaria superficie acquatica.
Avanzi, nel suo testo citato, riporta che già nel 1973 il laghetto orientale risultava interrato, ma anche il primo non ha avuto vita facile, tanto che “uno dei precedenti proprietari – quello dell’ultima alluvione – fece ammattire mezza provincia e due ministeri perché a tutti i costi voleva che fossero prosciugati”.
E’ tuttavia possibile rintracciare con precisione il bordo orientale del gorgo longilineo, in quanto, dove terminava la riva orientale, è presente un testimone vegetale: una sottile fascia di canna di palude, curiosamente lasciata intatta in un contesto di campagna coltivata.
APPROFONDIMENTO
Genesi dei gorghi
Il meccanismo di formazione dei gorghi della nostra provincia è stato studiato e descritto da Marco Bondesan. Un gorgo è una cavità di “evorsione”, ovvero una erosione che si forma in seguito alla caduta o passaggio di una notevole quantità di acqua che determina la formazione di vortici prevalentemente ad asse verticale su uno strato di sedimento mobile sabbioso che viene scavato in profondità.
L’autore ha classificato i gorghi che derivano da fenomeni di attraversamento di ostacoli lineari in 2 diverse tipologie: la prima riguarda un alveo fluviale attivo e la seconda un territorio interessato da esondazione fluviale.
La genesi del gorgo ottocentesco di Cà Diedo è riconducibile al primo tipo, in quanto la cavità di erosione si è originata in seguito all’apertura di un varco nell’argine destro dell’Adige, che può essere avvenuta per tracimazione o per sfondamento innescato da sifonamento.
La cavità creata dall’alluvione del Po del 20 novembre 1951 è invece è il risultato del travaso fra territori adiacenti interessati da esondazione fluviale, con superamento di ostacolo.
L’alluvione dell’Adige del 1882
Le piene eccezionali del fiume Adige nel corso dell’Ottocento si verificarono negli anni 1845, 1868, 1882, 1885, 1888, 1889, 1890. A livello territoriale locale si ricordano le alluvioni dovute alle rotte di Pettorazza Grimani e San Martino di Venezze del 1844 e quella della Volta di San Pietro di Cavarzere del 1851.
La piena dell’Adige del 1882 provocò la più disastrosa delle alluvioni atesine con la sommersione di 109.000 ettari in destra Adige e 17.000 in sinistra. La massa d’acqua in alcune zone raggiunse otto metri di altezza. Furono distrutte 540 case e danneggiate 8200, furono asportati 40 ponti e crollarono 2500 manufatti idraulici. Vennero danneggiate sia la rete stradale sia la linea ferroviaria Verona - Rovigo. Poco dopo la mezzanotte dal 17 al 18 settembre si aprì un primo squarcio di 50 metri in sinistra Adige nella località Ca’ Morosini nel comune di Sant’Urbano (PD). Poco dopo nei pressi di Masi (PD) avvenne la seconda rotta su una lunghezza di 670 metri. Alle ore tre, in seguito al sifonamento della platea del muraglione presente nel centro abitato di Legnago, si aprì un’altra e più grave rotta in destra Adige che si allargò fino a 300 metri. Le acque dell’Adige si riversarono nel territorio delimitato dall’argine destro dell’Adige e l’arginatura sinistra del Tartaro -Canalbianco investendo le Valli Grandi Veronesi con deflussi di decine di milioni di metri cubi. Nella corsa verso valle le arginature vennero distrutte e l’acqua si allargò investendo anche il territorio della fascia compresa tra il Canalbianco e il Po. Per scaricare le acque, il 1 ottobre si attuò il taglio degli argini della Fossa Polesella che determinò il flusso delle acque nel territorio compreso tra il Po di Venezia e il Canalbianco. Le acque raggiusero il basso Polesine di Adria, Loreo, Cavarzere e Rosolina fino allo scarico definitivo in mare. In una abitazione di Loreo è tuttora visibile la targhetta inserita nel muro a testimoniare il livello raggiunto dall’acqua nel 1882, che raggiungeva circa 1,5 metri dal pavimento del piano terra.
Luigi Miliani (ingegnere del Magistrato Acque) ha pubblicato nel 1937 la cronaca dell’evento alluvionale ed ha messo a punto la “Carta delle allagazioni conseguenti alle piene dell’Adige del 1882”, dove indica sia le rotte arginali sia i tagli artificiali. Nel territorio di Rosolina compreso tra la linea ferroviaria Rovigo-Chioggia – l’Adige e la valle Morosina, la carta indica ben due segni rossi identificati come rotte arginali. Queste rotte in prossimità di Ca’ Diedo avevano sicuramente contribuito ad allagare la zona del preesistente gorgo e presumibilmente a modificarlo.
L’alluvione del Po del novembre 1951
Romano Mainardi ha pubblicato la cronologia dell’evento alluvionale del 14 novembre 1951, da cui riportiamo la parte che interessa i gorghi di Caì Diedo. Dalle rotte di Bosco e Malcantone a Occhiobello, il flusso delle acque verso il mare ha incontrato vari ostacoli che hanno triplicato il tempo di scarico e raddoppiato la superficie sommersa. Limitando l’analisi al basso Polesine, vediamo arrivare l’onda alluvionale costretta tra l’Adigetto e il Po, in quanto le arginature del Canalbianco già ad Arquà Polesine e Frassinelle avevano subito delle rotte. Correndo verso est l’alluvione raggiunge Valliera – Adria - Retinella - Cavanella Po - Loreo. Qui incontra l’ostacolo del canale Po-Brondolo e la massa d’acqua è costretta ad alzarsi finché in più punti rompe l’argine sinistro del Canalbianco tra Volta Scirocco e Fornaci. Il territorio di Rosolina venne interessato dalle acque dell’alluvione nelle prime ore del 18 novembre. Dapprima con una tracimazione dal Po di Levante e poi dalla invasione delle acque provenienti dal Po-Brondolo, che dalla località Fenilone colpirà direttamente il centro abitato.
L’arginatura occidentale del Po-Brondolo ha trattenuto le acque fino al raggiungimento dei 2.5 m s.l.m.m., quota necessaria per tracimare e travolgere gli argini a mare fra l’Adige e il Po di Maistra. Tale evento è avvenuto il giorno 21 novembre alle ore 13. In tale ipotesi l’alluvione sarebbe scesa al mare con una velocità non inferiore a 1 km/ora e anche di più nel filone della corrente Alle ore 13.30 risulterebbe infatti l’inizio dello scarico a mare dell’alluvione.
I laghetti di Rosolina di Arturo Avanzi 1973
IGM 1966
La massima estensione dei gorghi nella carta del Magistrato alle Acque del 1955
Bibliografia
Archivio di Stato di Rovigo, Mappe catastali dal 1841 al 1952 di Rosolina.
A. Avanzi, “Vecchio mondo Polesano”; Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1973.
M. Bondesan, “Osservazioni sui gorghi e su altre cavità di erosione nei territorio di Rovigo e Ferrara – ipotesi sulla loro origine”; Ferrara 1995. “Gorghi e altre forme di origine idrodinamica nei territori di Rovigo e Ferrara ; Ferrara 2003.
Geoportale dei dati territoriali della Regione del Veneto
A. Giovannini, D. Malavasi, “I gorghi del Polesine”; Provincia di Rovigo Assessorato alla Cultura – 2004.
IGM Istituto Geografico Militare: foglio 65, quadrante II N.O., tavoletta “Cavanella d’Adige”.
Mainardi Romano, “Novembre 1951 Cronologia dell’evento alluvionale”, Rovigo, 1991.
Miliani Luigi, “Le piene dei fiumi veneti ed i provvedimenti di difesa: l’Adige”, Le Monnier, Firenze, 1937.
Tchaprassian Mihran, “Rotte fluviali in bassa Padana nell’Ottocento”, Minelliana Rovigo, 1991.
Il presente articolo è una rivisitazione di quanto già pubblicato con il titolo “I laghetti di Rosolina” di Daniele Bergantin, nel periodico semestrale Ventaglio novanta n. 63 (2022), direttore Lino Segantin, Editrice: Turismo e Cultura , Rovigo.
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