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  • Daniele Bergantin

Il più antico cordone di dune fossili

Negli ultimi 10.000 anni il mare Adriatico è arretrato verso est raggiungendo l’attuale litorale. Nelle spiagge antiche l’azione del vento ha accumulato la sabbia della spiaggia creando le dune, segnando così la linea di costa. Nel territorio compreso tra l’Adige e il delta del Po sono presenti molti cordoni di dune fossili, alcuni ancora ben visibili. Il più occidentale è il più antico e testimonia dov’era la linea di spiaggia del mare Adriatico varie migliaia di anni fa.










Introduzione

Il cambiamento climatico in atto sta portando ad un progressivo innalzamento generale del livello di mari e oceani che preoccupa la comunità mondiale per i problemi che ciò comporterà. Tale fenomeno tuttavia si è già verificato altre volte nella storia climatica dell’era geologica recente. Il Quaternario o Neozoico è stato caratterizzato da una alternanza di ripetuti periodi glaciali e interglaciali a cui corrisponde rispettivamente l’espansione dei ghiacciai ed il successivo scioglimento. La prima condizione determina una diminuzione della massa d’acqua di mari e oceani con regressione marina ed emersione delle aree marine poco profonde. Il successivo innalzamento delle temperature causa un parziale scioglimento dei ghiacciai, che ha come conseguenza un aumento del volume delle acque oceaniche con ingressione marina e sommersione delle aree pianeggianti. L’attuale fenomeno di graduale aumento della temperatura preoccupa l’intera popolazione mondiale, in quanto sarebbe la prima volta che una ingressione marina provocherebbe notevoli variazioni ad una Terra antropizzata.

Nel corso della regressione marina, il progressivo arretramento della linea di costa verso est avviene in modo irregolare, a volte è un movimento relativamente veloce, in altre fasi invece è lento e può anche arrestarsi per un determinato periodo di tempo. In questo ultimo caso l’azione dei venti sulla sabbia della spiaggia, consente un accumulo che porta alla formazione di un cordone di dune. Le dune si distinguono in attive e fossili, le prime si trovano al limite della spiaggia verso l’entroterra e vengono continuamente modellate dall’azione dei venti dominanti. Le seconde si trovano a centinaia di metri o chilometri dalla linea di riva, dove non agisce più l’azione del vento sulla sabbia della spiaggia e rappresentano quindi una testimonianza del passato che indica una antica linea di costa. Riconoscere e ritrovare un cordone di dune fossili a decine di chilometri di distanza, significa inequivocabilmente che nei tempi passati si trovava un’antica spiaggia.

L’area geografica compresa tra Chioggia e Ravenna è ricca di cordoni di dune fossili che testimoniano le varie posizioni della spiaggia del mare Adriatico. Il più antico allineamento di dune fossili presenti nel litorale dell’alto Adriatico si trova tra l’Adige e il Po di Goro, rappresentando in maniera precisa la linea di costa di qualche migliaio di anni fa, ci fa capire che le variazioni sono molto più veloci di quanto potremmo supporre.


Le recenti variazioni del mare Adriatico

Il bacino padano all’inizio del Quaternario, nella prima fase del periodo chiamato Pleistocene (due milioni di anni fa) era sommerso dalle acque marine fino al Piemonte all’altezza di Torino. Le fasi successive sono caratterizzate da una grande variabilità climatica con periodi glaciali e interglaciali che hanno avuto una durata media di 50.000 anni.

Il periodo glaciale più recente si sviluppa tra 25.000 e 15.000 anni fa, con un massimo dell’espansione glaciale datata a 18.000 anni fa, che aveva portato il livello del mare Adriatico ad abbassarsi di circa 120 metri, portando ad emergere l’alto Adriatico. L’area mostrava un territorio pianeggiante con un ambiente steppico tipicamente nordico, con il limite delle nevi perenni che era sceso da 3.000 metri nelle Alpi a 1.300 metri nelle Prealpi.

Il periodo successivo è detto post-glaciale ed è caratterizzato da condizioni climatiche iniziali ancora fredde ma variabili, che via via portano ad un clima confrontabile con quello attuale. Questo ha causando un progressivo scioglimento dei ghiacciai alpini e prealpini con il conseguente innalzamento del livello marino. Tra 10.000 e 7.000 anni fa, il medio e basso Polesine erano aree acquatiche sommerse dal mare con la linea di costa posizionata in corrispondenza di Rovigo. Di tale litorale non è possibile alcun riscontro morfologico in superficie. Essendo stato ricoperto dalle successive alluvioni padane e atesine, giace sepolto nel sottosuolo, a qualche decina di metri di profondità.

Nel corso della regressione marina verso est, circa 6.000 anni fa l’acqua del mare era arrivata a posizionarsi lungo la direttrice nord-sud che unisce Cavarzere - Adria – Corbola – Codigoro. Anche in questo caso non vi sono morfologie affioranti, in quanto la spiaggia fossile si trova sotto le recenti alluvioni a qualche metro di profondità dal pian campagna.

Tra 4.000 ÷ 4.500 anni fa l’arretramento del mare raggiunge San Pietro di Cavarzere – Loreo – Taglio di Po - Tombe e Tombine di Ariano nel Polesine. I resti di questo che è il più antico allineamento di dune fossili affioranti, sono presenti ancora oggi, anche se dislocati in maniera discontinua e poco evidente. Si tratta in genere di rialzi sabbiosi spianati e isolati nel contesto territoriale della campagna coltivata, occupati da insediamenti con costruzioni rurali che ne hanno preservato il contorno di base.

Durante il periodo etrusco, circa 2.500 anni fa, la linea di costa era posizionata lungo la linea: canale di Valle – Cavanella d’Adige - canale Po-Brondolo - località Fornaci – via 4 Novembre di Porto Viro – Taglio di Po - Grillara - San Basilio.

Durante l’epoca romana la linea di costa si attesta più ad est, sulla direttrice Volto di Rosolina - via Aldo Moro di Rosolina – via Mazzini di Porto Viro - canale irrigatore Taglio di Po ramo di Ponente.

Nel corso del Medioevo il mare si porta a stazionare lungo la linea che unisce: Volto di Rosolina – Cao di Marina – corso Risorgimento di Porto Viro – via del Giubileo da Taglio di Po a Piano di Rivà - Rivà.

Il successivo arretramento del mare verso est raggiungerà via via la posizione attuale fino al lido di Rosolina Mare e gli scanni del delta del Po, dove vi sono le dune attive.

La datazione attribuita dai vari autori ai cordoni di dune fossili (protostorica, etrusca, romana) fa riferimento al riscontro archeologico-storico di segni di insediamenti umani. Da ciò deriva che il cordone con segni antropici era già esistente e non più attivo, di conseguenza la sua origine è antecedente.

I resti di questi importanti testimoni dell’evoluzione del territorio, oggi rientrano tra i S.I.C. Sito di Importanza Comunitaria di Rete Natura 2000 della Regione del Veneto, provincia di Rovigo con le sigle: IT3270003 “Dune di Donada e Contarina”; IT3270004” Dune di Rosolina e Volto”; IT3270005 “Dune Fossili di Ariano Polesine”.


Paesaggio, toponomastica e quote altimetriche

Dell’antico cordone di dune fossili rimangono solo pochi resti lungo una linea molto frammentata con emergenze sul piano campagna dell’ordine di 1 ÷ 2 metri, che non sempre sono facilmente individuabili. Oltre all’emergenza topografica abbiamo da associare anche la natura sabbiosa del suolo e la presenza preferenziale di insediamenti e costruzioni. In un territorio di bassa pianura, spesso in condizioni rischio periodico di alluvionamento, la scelta del luogo in cui edificare e costruire un rustico, un fienile, una stalla, è determinata dalla posizione elevata del sito. Tale condizione era facilmente riscontrabile nei tempi antichi, dopo una delle frequenti alluvioni, dove nell’area allagata emergevano isole e dossi, attribuibili ai cordoni di dune fossili oppure alle strutture arginali naturali più rialzate dei rami padani.

La toponomastica locale tramanda la memoria del paesaggio passato e ci aiuta nella individuazione del litorale antico, riportando toponimi caratteristici di zone in rilevo sull’orizzonte della piatta campagna, segnalandoci tali luoghi con il nome “motta, motte, montagnola, monti”. Da tenere in considerazione anche la dicitura "dosso e dossi", in quanto, pur appartenendo alla morfologia fluviale, tale termine può in alcuni casi essere stato attribuito anche a rialzi di origine eolica. La ricerca di questi caratteristici toponimi deve fare ricorso alla cartografia del recente passato, in quanto nel corso degli ultimi decenni, un’azione di spianamento con asporto delle sabbie ha lasciato una situazione che non sempre consente la correlazione toponimo-morfologia in rilievo. La maggior parte dei toponimi ritrovati che sono associati a rilievi isolati è contenuta nelle tavolette I.G.M. (Istituto Geografico Militare) in scala 1: 25.000 pubblicate tra gli anni 1930 ÷ 1970.

La lettura della recente CTR (carta tecnica regionale) riporta solo alcuni toponimi relativi alla morfologia delle dune fossili, ma contiene molti punti quotati (microrilievo) rispetto al medio mare che consentono l’analisi altimetrica del territorio. La situazione topografica dell’area tra l’Adige e il delta del Po è di una soggiacenza che mediamente si attesta tra – 1 e – 3 metri rispetto al medio mare. Ne deriva che l’emergenza dei rialzi sabbiosi residui di dune fossili, va ricercata anche nei punti quotati con valore negativo. Solamente in pochi casi il residuo sabbioso rialzato raggiunge quote positive, che comunque sono comprese entro + 1.0 metri s.l.m.m.

La consultazione della cartografia ottocentesca, disegnata a china e colorata ad acquarelli, consente di visualizzare l’ambiente che caratterizzava il territorio prima delle grandi bonifiche operate alla fine dell’Ottocento. Le carte prese in esame sono: la Kriegskarte di Von Zach del 1798 - 1805; la Carta Napoleonica del 1814; la Carta Militare Austriaca del 1814.

Nella zona di Cà Bianca (comune di Chioggia) a sud del Bacchiglione troviamo l’indicazione stradale “via Motta Moresolo” (foto) che porta a Motta del Trebbo e Motta Palazzetto segnalate nella C.T.R. Il rialzo sabbioso spianato di Motta Palazzetto mostra un punto quotato pari a – 0,16 m s.l.m. rispetto alla campagna adiacente che soggiace a – 2,5 ÷ - 3,0 m s.l.m.

Nel Cavarzerano, tra il canale vecchio dei Cuori a nord del canale Gorzone a sud, le tavolette IGM del 1934 e del 1966 riportano i toponimi: Motta Contarina, Motta Cuora, Osteria delle Motte e Motta. Di questi siti il più rappresentativo è una piccola area di forma rettangolare allungata e boscata con un rialzo di circa 3 metri sulla campagna, situata tra Motta Palazzetto e Motta Contarina. Questa area che è indicata nella cartografia attuale con il toponimo Motta Contarini è diventata il geosito n. 27 della provincia di Venezia dal 2004, con il nome “Duna di Valcerere Dolfina”. Tra il Gorzone e l’Adige troviamo Motte Cucco e Motte Volte. In località Valcerere Dofina un complesso rustico è posizionato su un rialzo sabbioso spianato che mostra una prevalenza che supera i 2 metri rispetto alla campagna coltivata circostante. Poco a sud era presente un’area denominata Motte Cucco, per la quale lo studio Favero Serandrei Barbero del 1978 riportava una altezza di 4 metri sul piano campagna. In seguito ad asporto e spianamento la zona mostra ora quote negative di 2,5 ÷ 3 metri rispetto al medio mare, con l’unica eccezione rappresentata da un rialzo sabbioso residuo, rimasto in seguito alla recente demolizione di un rustico (foto). Del rilievo spianato di Motte Volte rimane solamente uno scarso risalto morfologico.

A sud dell’Adige lungo la via Chiesazza, si segnalano i rilievi sabbiosi di Corte Zampieri e Corte Campanaro che hanno mantenuto quote positive di 0,4 metri sul medio mare. Poco a sud, anche Podere S. Luigi e Corte Zani mostrano una modesta prevalenza morfologica rispetto alla campagna adiacente. La carta militare austriaca del 1814 ci consente di individuare il cordone di Motta Contarina, allungato tra il canale Gorzone ed il canale di Bonifica Punta Gorzone, che emerge dalla vasta area paludosa a canneto che ha caratterizzato il bacino compreso tra l’Adige, il canal di Valle e canale dei Cuori, fino alla bonifica meccanica di fine Ottocento.

Nel territorio di Loreo, il toponimo “Montagnola” (foto) appare su un fienile posizionato sui resti di una duna fossile con un rilievo di un paio di metri sulla campagna circostante, che si può osservare lungo la strada provinciale n. 45, poche centinaia di metri ad ovest del centro urbano. Nella carta militare austriaca del 1814 nell’area del fienile Montagnola leggiamo il toponimo “le Motte”, che essendo al plurale stava ad indicare una zona con più rilievi dunosi, in seguito asportati. Altre evidenze morfologiche in debole rilievo sulla campagna sono presenti nella località Contea, ubicata ad ovest del centro urbano che mostra in prevalenza un suolo sabbioso ma con quote del piano campagna negative. Lungo la via Padova che collega Cà Negra al centro di Loreo troviamo una via trasversale verso ovest che indica “strada Motta Baldina”, non più rintracciabile nella cartografia e neppure come rilievo morfologico. Il toponimo “dossi” si rintraccia nella carta topografica dell’IGM del 1950: ad ovest del centro abitato troviamo Dossi Papadopoli, mentre a sud-ovest è riportata la denominazione Dossi Vallieri. In questi due casi, riferiti ai dossi, il riscontro morfologico non è evidente, in quanto nel recente passato queste zone sabbiose sono state oggetto di scavo con asporto. Più a sud, tra Volta Grimana e Cavanella Po in adiacenza all’argine sinistro del Po di Venezia, vi è un unico testimone di duna fossile sul quale sorge un edificio abbandonato da decenni, che nella carta topografica dell’IGM del 1950 è denominato “Motte” (foto). Il risalto morfologico è qui limitato a poco più di un metro. La costruzione su questo rialzo sabbioso risale al XVI secolo ed è stata identificata come Cà Querini dal CE.RI.DO. del delta e risulta essere appartenuta dapprima ai Loredan, poi nel ‘600 ai Querini, ai Tiepolo ed infine ai Papadopoli.

Nell’isola di Ariano nel Polesine. Nel territorio comunale di Taglio di Po a nord della strada provinciale n. 46, nella tavoletta I.G.M. Loreo del 1967, da ovest verso est troviamo: Dossi, Motta Ca’ Zen e Motta Spinarello. Il fienile Dossi e Motta Spinarello sono posizionati su un modesto rialzo rispetto alla campagna. Motta Cà Zen è stata spianata con asportazione della sabbia dopo la demolizione del rustico ed è passata dalla quota + 0.5 m nell’IGM del 1967 a – 1,9 metri rispetto al medio mare.

Nel comune di Ariano nel Polesine lungo la via Le Tombine – Le Tombe, alcune costruzioni rurali sono ubicate sopra modesti alti topografici, con scarpate verso la campagna coltivata che variano da 1 a 2 metri. Il testimone maggiormente rappresentativo del cordone di dune fossili è rimasto nel tratto tra via Piemonte e Le Tombe; qui è presente un’area triangolare che si allunga per circa 500 metri, risulta elevata rispetto alla campagna ed è occupata da vegetazione arborea e arbustiva (foto).

Nella carta Austriaca del 1814 lungo il tratto Le Tombine - Le Tombe, troviamo rappresentata un’area allungata che si distingue dal contorno paludoso e depresso dell’area esterna e riporta il toponimo Dosso della Rovere. A sud dello scolo Gozzi, tra Tombe e Cà Beretta viene delimitata un’area dal contorno irregolare denominata Dossi Benedetti. In questo caso abbiamo la conferma che talora il termine dosso è stato attribuito a rilievi sabbiosi di origine eolica. Anche la Napoleonica del 1814 rappresenta il sottile cordone dunoso che si estende da Tombine a Tombe, e ci indica che emerge da un ambiente di valli salse a giunchi e canneto.

Più a sud, in adiacenza allo scolo Brenta troviamo nella CTR il curioso toponimo Pradossi e infine, vicino all’argine sinistro del Po di Goro, ecco un altro Dossi che indica un’area circoscritta in debole rilievo con una sopraelevazione di un paio di metri sul piano campagna, che ospita due fabbricati rustici.


Conclusioni

Una attenta lettura del paesaggio presente nell’area tra l’Adige e il del delta del Po, unita a nozioni di carattere storico-geomorfologico ci ha consentito di individuare attraverso l’analisi visiva della morfologia del territorio, i resti della linea di costa più antica del mare Adriatico del periodo recente denominato Olocene. Oggi a distanza temporale di circa 4.000 anni e geografica di 15 chilometri dall’attuale riva del mare Adriatico, i resti di questo cordone litoraneo fossile sono poco visibili, ma l’interesse scientifico-ambientale ci porta a riconsiderare anche queste piccole forme eoliche residue, che sono i testimoni dell’evoluzione geologica del territorio del delta del Po.

Dell’antico cordone litoraneo rimangono solamente pochi resti ancora affioranti che però sono gli unici testimoni isolati di un passato geografico di alcuni millenni fa che merita di essere segnalato. Come abbiamo constatato, la conservazione della morfologia è dovuta alle costruzioni sopra ai resti del rilievo dunoso di abitazioni, fienili o stalle, che hanno mantenuto nel tempo queste aree da asportazioni altrimenti diffuse. In alcuni casi, essendo gli insediamenti stati abbandonati in tempi recenti, i rustici non più utilizzati sono stati demoliti con successivo asporto del rilievo sabbioso e spianamento.

Una indicazione turistica con la rappresentazione delle dune fossili e l’indicazione “Antica linea di costa”, può fornire un importante contributo alla visibilità della geomorfologia del territorio. Una tale segnalazione verrà recepita dalla popolazione locale come una rivelazione e contribuirà alla consapevolezza della ricchezza e della complessità ambientale che offre il delta del Po. Nell’ottica della promozione turistica del territorio, l’indicazione geologica si rivolge ad una frequentazione per un pubblico specifico che potrà programmare una sosta motivata con visita e riscontro sul campo.



Punti riconoscibili della più antica linea di costa



Il testimone residuo di Motte Cucco



Il fienile Montagnola a Loreo


Tra Cavanella Po e Volta Grimana, Cà Querini sul rialzo sabbioso spianato "Motte"


Tra via Piemonte e Le Tombe



Un lembo residuo di duna fossile emerge nella campagna coltivata tra Cavarzere e Loreo


I due cartelli stradali con l'indicazione "Motta"


Bibliografia

Bondesan Marco “Forme e depositi di origine litoranea e lagunare”, Supplemento Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria, 4, 2001

Ciabatti Mario “Ricerche sull’evoluzione del Delta Padano”, Giornale di Geologia vol. 34, Ferrara, 1967

Favero V., Serandrei Barbero R. “La sedimentazione olocenica nella piana costiera tra Brenta e Adige”, Mem. Soc. Geol. It. 19, 1978

Marcolongo Bruno “Paleoidrografia tardoquaternaria della pianura veneta sud occidentale”, Padova 1987

Peretto Raffaele “ Paleoidrografia e antiche strutture antropiche nel territorio ad est di Rovigo”, 1987

“Studio geoambientale e geopedologico del territorio provinciale di Venezia – parte meridionale”, provincia di Venezia, 1994

I.G.M. Istituto Geografico Militare, tavolette in scala 1 : 25.000: Ariano nel Polesine, Loreo, Cavarzere

C.T.R. Carta Tecnica Regionale, elementi: Bottrighe, Cavanella d’Adige, Il Crocerone, Donada, Grillara, Loreo

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